Un Cosenza senza nerbo ed idee si scioglie come neve al sole a cospetto della Reggina. Tardivo il cambio di Calò.
Ritengo che tutti i tifosi rossoblù fossero consapevoli del divario tecnico esistente tra le due compagini calabresi: La Reggina costruita tassello per tassello da mister Pippo Inzaghi, con l’obiettivo “vitale” della promozione in serie A; Il Cosenza configurato per “strappare” una salvezza. Sulla carta pronostico chiuso quindi, ma inconsciamente tutti i tifosi rossoblù speravano che il gap tecnico potesse essere compensato dall’ardore agonistico, dalla corsa e della grinta, la stessa che ha permesso, alla medesima squadra, di giocare alla pari con il Parma, squadra ancor più forte della Reggina.
Fatto sta che i lupi hanno giocato alla pari con la Reggina per 7 minuti, tanto che qualcuno, mister compreso, ha potuto parlare di approccio positivo. Non una grande soddisfazione se pensiamo che subito il primo gol di Rivas, la squadra si è sciolta come neve al sole, incapace di riordinare le idee e quantomeno abbozzare il tentativo di recuperare la gara visto l’enorme tempo a disposizione.
Una rete, tra l’altro, perfettamente evitabile e prevedibile, visto che lo schema di gioco di Inzaghi prevedeva un ribaltamento continuo da una fascia ad un’altra, da Ricci a Rivas, passando per gli inserimenti di Di Chiara e Pierozzi, fino a trovare il buco lasciato dal difensore fuori posizione. Gol fotocopia rispetto a quello subito a Bolzano per merito di Rover, con “scivolamento” di Rispoli e tiro passato in mezzo alle gambe dello stesso e poi finito alle spalle di Matosevic sul suo palo.
Ma questo sarebbe nulla se allo svantaggio fosse seguita una reazione appropriata dei rossoblù. Invece, calma piatta. I restanti scarsi 40 minuti si sono giocati ai ritmi volutamente bassi della Reggina che aveva già capito di avere la partita in pugno, ed a cui i rossoblù si sono colpevolmente adeguati, rimanendo bassi nella loro metà campo.
I lupi non sono stati in grado di inventare nessuna trama di gioco, solo qualche tentativo di calcio lungo a scavalcare il centrocampo reggino che, puntualmente, finiva tra i piedi dei due centrali avversari. Amen.
Né il nuovo modulo presentato al Granillo da Dionigi ha creato ai locali scompensi particolari. Sostanzialmente un 4-3-2-1 con Brignola che in fase di non possesso, quindi per quasi tutto il primo tempo, si abbassava a fare l’esterno di centrocampo in un 4-4-1-1.
In sostanza Brignola, nella squadra di Dionigi, è destinato sempre a contrarre e mai ad attaccare. Un ruolo che si confà molto poco alle sue caratteristiche tecniche e che gli comporta notevoli sacrifici fisici. Alla fine il buon Enrico, nè difende con costrutto, ieri sistematicamente superato da Di Chiara, né ha un peso nell’attacco, anche nel derby non si è proposto mai sulla fascia per andare al cross e tantomeno per andare al tiro. Se teniamo in considerazione che D’Urso non è mai riuscito a superare il suo avversario, spesse volte triplicato, né tantomeno a scambiare con Larrivey, il risultato non poteva che essere quello di zero azioni pericolose e zero tiri in porta. Ma questo è un limite ben noto a chi cerca di fare una critica costruttiva, molto meno ai “portatori di microfono”. Se la catena di destra è andata in difficoltà, quella di sinistra è stata evanescente: apprezzabile qualche tentativo di D’Urso, ma Panico e Vallocchia non hanno retto il gap tecnico e si sono fermati da soli.
Alla ripresa tutti, compreso il sottoscritto, si aspettavano una rivoluzione tecnica, un tentativo, seppure sommesso, di pareggiare la partita con qualche cambio che potesse ridare vitalità alla manovra e invece, calma piatta, d’altronde l’approccio è stato buono..!!
Aspettiamo così, come donzelle allegre, il raddoppio di Menez che si presenta come un principe al ballo delle debuttanti!
A partita chiusa, Dionigi, fa i primi tre cambi: sconfessando Brignola, Panico e Vallocchia e passando al 5-3-2 con Martino e Gozzi esterni, Voca, Brescianini e Kornvig in mediana, ma non ritenendo ancora che Calò potesse reggere mezz’ora di gioco, meglio farlo acclimatare con calma!
La squadra continua quindi a brancolare nel buio fin quando la Reggina decide di accelerare e togliersi di torno il pensiero: Di Chiara svirgola un pallone, la cui traiettoria però agevola Pierozzi nel controllo rispetto ad un Kornvig ancora non in partita. 3 a 0 e palla al centro. Umiliante.
Adesso può entrare Calò! 20 minuti li tiene sicuro ed ormai il danno è fatto!
Entra anche Butic e, guarda caso, proprio da un calcio da fermo dello specialista Calò arriva la prima vera occasione dei lupi, con il colpo di testa del croato che colpisce il palo. Da lì in poi il buon “Jack” prende in mano il centrocampo rossoblù, così come aveva fatto a Bolzano, e quanto meno vediamo qualche verticalizzazione intelligente, qualche lancio sopraffino e non buttato alla carlona, ma soprattutto tanto ordine tattico. Nel buio assoluto di una partita insoddisfacente da qualsiasi punto di vista si apre uno spiraglio di luce. Come si possa fare a tenere un calciatore di tale intelligenza tattica fuori dal campo rimane un mistero insoluto anche agli occhi del telecronista di Sky che, dopo aver dato per tutta la gara come modulo del Cosenza un 4-2-3-1 inesistente, con Vallocchia addirittura dato per trequartista, dice che con Calò è entrato in campo un giocatore di altra categoria.
A fine gara, in sala stampa, un Dionigi serafico, come se nulla fosse accaduto, commenta il buon approccio, sigh, e il buon palleggio dell’ultima mezz’ora, oltre ad aver notato delle nuove soluzioni! Che sia la volta buona? Magari la finiamo di rimanere vittime del nostro destino e regala la maglia da titolare a Calò nella partita con il “suo” Genoa?