Dopo Samp e Spezia, i lupi si lasciano “impietosire” anche dalla Feralpi e regalano altri due punti alle ultime.
Se c’è una squadra in difficoltà nel campionato di serie B è bene che incontri il Cosenza e sicuramente ne troverà giovamento! I lupi infatti, in questa stagione, sembrano essere colpiti dalla sindrome della crocerossina, caratterizzata dall’impulso di aiutare chi si trova in difficoltà. È successo con l’agonizzante Samp di Pirlo, con lo Spezia di Alvini, ma se ricordate anche con il Brescia appena rientrato in serie B e ieri con la matricola Feralpisalò. Tutte squadre che per un motivo o per una altro affrontavano un periodo critico del loro campionato, ma che si sono risollevate nell’incontrare la squadra rossoblù.
Non è una questione di spocchia la mia, il Cosenza non può sentirsi superiore alla Samp o allo Spezia, ma proprio per questo motivo, pur godendo di una classifica molto migliore dei competitors, avrebbe dovuto affrontare le citate partite con più rabbia e cattiveria, invece si è lasciato, per così dire, “impietosire” dallo stato in cui versavano gli avversari. Pensavo che dopo la partita con il Lecco i calciatori avessero capito con quale spirito si devono affrontare determinate squadre, posto che sicuramente gli stimoli non si dovevano certo trovare al Ferraris di Genova o al Picco di La Spezia, ma siccome il problema si ripete, vuol dire che va “curato”.
Qualsiasi squadra, non solo il Cosenza, nel momento in cui ritiene di poter gestire la partita a piacimento, senza fare fatica e snobbando l’avversario è il momento che le becca di brutto, a maggior ragione in un campionato competitivo come quello della serie B, dove nei bassifondi della classifica si vengono a trovare squadre come la Samp e lo Spezia o la stessa Feralpi che annovera tra le proprie fila anche calciatori di categoria. Ecco allora che affrontarle senza cattiveria e voglia di vincere, voglia di arrivare, diventa oltremodo deleterio.
Quest’anno il Cosenza ha sicuramente un organico di molto superiore a quello delle stagioni passate e sicuramente in grado di affrontare questo campionato di serie B che non sembra paragonabile, come livello tecnico, a quello passato, ma se affronti le partite con sufficienza rischi di sbagliarne molte e trovarti in situazioni di classifica da cui poi è difficile fuoriuscire. Ma, vista e rivista la partita nessuno può sentirsi esente da colpe, nemmeno il tecnico che in primis dovrebbe essere quello capace di far interpretare la partita nel modo consono. Applausi per l’interpretazione e l’approccio con il Lecco, fischi per le quattro partite citate, dalle quali si salva in qualche modo quella con lo Spezia.
Ma focalizziamo l’attenzione sulla partita di ieri che si è messa ben presto sui binari giusti, visto che il gol di Venturi aveva rotto le speranze dei lombardi di mettere il pullman davanti alla porta di Pizzignacco. Zaffaroni lo conosciamo bene da queste parti ed è venuto a Cosenza, con il suo 352, per cercare di bloccare tutte le fonti di gioco del Cosenza ed agire in contropiede sfruttando i suoi validi esterni, al secolo Felici a destra e Martella sinistra. La posizione di classifica, una difesa imbarazzante, di gran lunga la peggiore della categoria, per di più l’aver perso il centrale Bacchetti dopo 13 minuti, gli imponevano una partita “accorta”. E nel primo tempo, pur sotto di una rete, la Feralpi ha continuato a stare sotto la linea della palla, stando bene attenta a non concedere profondità agli attaccanti rossoblù. La paura era tanta e mister Zaffaroni lo ha confermato anche alla mia domanda.
La sequenza del gol di Venturi
Ma di questa situazione non ha saputo affatto approfittare il Cosenza sebbene, come scritto, andato in vantaggio bene presto. L’errore peggiore, come confermato da Caserta, sempre alla mia domanda, è stato quello di sedersi, nel primo tempo, sui ritmi della Feralpi, giocando a ritmi lentissimi, a tratti leziosi, e con una manovra monotona; fraseggio tra i due centrali e lancio lungo di Venturi, spesso impreciso, che finisce fuori dal campo o preda dei difensori avversari. Le varianti sono rappresentate, quando gli avversari non riescono a frapporsi alle linee di passaggio per Calò, dal lancio di quest’ultimo, questa volta millimetrico, ma che con una squadra molto bassa finiscono per non sortire i frutti sperati. Altra alternativa l’azione per linee esterne, questa volta ben presidiate dai quinti della Feralpi e quando Martino è riuscito a superare il suo diretto avversario il cross è risultato essere sempre fuori misura. Ecco quindi che viene fuori il discorso della qualità nel settore arretrato, dei piedi educati che il Cosenza quest’anno non ha, costituendo uno dei limiti per il raggiungimento di risultati importanti. E quando le partite sono bloccate, avere dei difensori tecnici risulta vincente.
Insomma, il giro è sempre lo stesso, fatto, per altro, con ritmi lentissimi. Nel secondo tempo si inizia sullo stesso refrain, fin quando la Feralpi non capisce che il diavolo è senza corna, anzi affetto anche dalla sindrome della crocerossina, e quindi decide di riprendersi la partita. Nulla di che, schemi semplici, ma efficaci, che vedono assoluto protagonista l’esterno Felici. Nel primo tempo Fontanarosa è riuscito a tamponare, aggredendolo alto, ma via via ha perso le misure ed il biondino ha fatto quello che ha voluto senza che Caserta prendesse le dovute precauzioni. Dalle e ridalle la Feralpi pareggia, grazie ad un colpo di testa del redivivo Butic deviato, in autorete, da Martino.
Raggiunto il pari, invece di assistere alla riscossa del Cosenza (punto nell’orgoglio? Manco a pensarci) assistiamo ad una Feralpi che continua a fare a fette una squadra che nel frattempo ha perso equilibrio e si è allungata pericolosamente. Degli errori e mancate soluzioni non adottate nel primo tempo Caserta non fa tesoro ed invece di cercare di cambiare la partita cambia solo gli interpreti, ruolo per ruolo, mantenendo, costantemente, il 4231. In altre occasioni la mossa si è rivelata vincente, ma non ieri, in una partita complicata come quella con il Sudtirol, con una squadra che non concedeva profondità a Tutino e co.
Entrano quindi: prima Zuccon e Mazzocchi per Voca e Marras, poi dopo dieci minuti, Canotto e Crespi per Florenzi e Forte. Il modo di attaccare l’avversario rimane però identico e anche con meno qualità: Mazzocchi non entra in partita sebbene, dopo l’entrata di Crespi, schierato centralmente, ma alle spalle di Tutino; Crespi viene spostato ad ala destra con risultati modesti. A parte l’impegno e qualche calcio di punizione procurato, i suoi cross sono risultati completamente sballati da parte di chi, solitamente, è portato a riceverli anziché produrli per gli altri. Canotto, atteso sempre come il salvatore della patria, in versione siciliana, invece corre e si danna l’anima, ma al momento di mettere in mezzo sbaglia sempre i tempi perché costretto a crossare con il destro anziché con il sinistro. Zuccon, cerca di dare geometrie alla squadra non riuscendoci e perdendo, forse, in capacità di contrarre. L’ultimo cambio di Rispoli per Fontanarosa, assolutamente inutile.
La sequenza del tiro di Forte nel primo tempo
Detto questo, Caserta poteva fare diversamente? Col senno di poi sicuramente si, a mio avviso Marras, Florenzi e Forte potevano continuare a dare qualcosa in più alla squadra anche perché si sono rivelati quelli più pericolosi finché in campo, ma, spesso, Caserta è preso dalla frenesia di non lasciare in panchina giocatori importanti e questo incide anche sulla sua lucidità e possibilità di cambiare in corsa un modulo che non portava a nessun sbocco. Bloccate le fasce si sarebbe potuto agire per vie centrali, naturalmente infoltendo la mediana e passando ad un centrocampo a tre con Calò, Zuccon e Florenzi braccetti, capaci di giocare uno con i lanci lungi, l’altro in verticale e Florenzi con gli inserimenti, oltre a garantire più copertura. Ma questa è un’altra storia della quale non conosceremo mai la fine.
Foto Ernesto Pescatore