Dopo la storica prova nel derby è ora di pensare ad un mercato di sostanza per recuperare il – 4.
Venerdì l’ennesimo torto arbitrale, da parte del signor Aureliano, verso una società debole che deve dimostrare di saper tutelare il proprio brand!
Il derby ci ha confermato che Alvini ed i suoi ragazzi stanno compiendo dei miracoli per mantenere la categoria e che se non fosse stato per una decisione sciagurata del signor Aureliano la partita si sarebbe molto probabilmente vinta, vista anche la giornata negativa dei giallorossi. Che il vero punto debole di questa squadra è la sua società, lo sanno tutti. I ragazzi capitanati da Alvini sul campo hanno conquistato 21 punti che, con tutte le difficoltà e tre sconfitte consecutive, significherebbero salvezza a soli 3 punti dal Catanzaro e dai play off.
Ad Alvini e Kouan (venerdì un’altra prova maiuscola, peccato per qui piedi che si ritrova) non si può certo rimproverare nulla o quasi (vedi posizione iniziale di Florenzi), ma se non ci fosse stato il tecnico toscano ed il suo staff, saremmo già belli che retrocessi. Il derby è la rappresentazione plastica dell’abnegazione, del grande cuore, della forza del gruppo del Cosenza targato Alvini. Nessun’altra squadra se non questa sarebbe stata capace di pareggiare la partita dopo una espulsione indecente, aver colpito due pali, essere passata in svantaggio immeritatamente, vistasi annullare una rete nei minuti di recupero e combattendo fino al 106° minuto di recupero quando ha ottenuto un sacrosanto rigore. Roba da entrare nella storia anche se per un pari che, ahinoi, non cambia di molto la classifica, ma da fiato e speranza a dei ragazzi che lo meritano.
La vera partita si è vista nei primi venti minuti, l’inerzia era tutta rossoblù con il Catanzaro che faceva girare palla come al solito. Dei lupi l’occasione più ghiotta, con la traversa colpita da Kourfalidis. Poi il fattaccio che ha rovinato la partita, unico colpevole il signor Aureliano il quale, sempre distante dall’azione e appesantito, ha ritenuto il fallo da ultimo uomo benché Pittarello stava dirigendosi verso la sua panchina più che verso la porta di Micai! Niente, irremovibile sulla decisione nonostante le urla di Alvini e le minacce alla Galliani di Delvecchio.
l’arbitro Aureliano
Il Gol di Pompetti
Subita l’espulsione la partita è cambiata, il Cosenza è passato a 4 in difesa, con tre centrocampisti e due attaccanti. Il Catanzaro ha potuto prendersi l’inerzia della partita anche se in modo asettico: azioni pericolose praticamente nulle, nonostante la superiorità numerica, con calciatori che hanno pensato di poter gestire la partita a piacimento, senza bisogno di grandi sforzi. Una prestazione abulica, a cominciare da Iemmello, con poca cattiveria rispetto alla partita dell’anno scorso. Anche il Cosenza non ha creato molto, ma era sicuramente più giustificabile, lo sforzo per compensare l’inferiorità numerica era evidente. Ricciardi ha dovuto rinunciare a scendere sulla fascia, operando da terzino e non da esterno alto, Rizzo Pinna ha dovuto aiutare più in mediana che supportare Mazzocchi, rimasto poi isolato.
il palo di Zilli
Il gol annullato a Kouan
Nonostante ciò, Alvini come al solito ha cercato di vincere la gara almeno fino alla rete del Catanzaro. Subito lo svantaggio ha cercato poi di recuperarla inserendo tutto il potenziale offensivo, costituto da Strizzolo, Zilli e Ciervo. Il pareggio era li vicino, il palo di Zilli, il gol annullato a Kouan, ma sembrava tutto inutile, un altro derby maledetto, fin all’ultima azione: calcio di punizione dal limite per un fallo di Scognamillo su Zilli, a prendere la palla è il subentrato Mauri che la depone con cura a terra, tiro forte ma che colpisce la barriera, la palla si inarca e cade sul braccio di Scognamillo che cerca di farsi largo tra le maglie rossoblù, pochi si accorgono del fallo, Kouan e Sgarbi alzano la mano, ma non sono convinti, figuriamoci se poteva vederlo Aureliano, l’azione continua ma non se ne fa nulla. Al VAR qualcuno rivede l’azione e richiama il bel addormentato nel campo, rigore! Chiamato a batterlo è Ciervo, in tribuna a chiedersi, ma è lui il rigorista? (Fumagalli era in panca) Da queste parti rigori se ne vedono pochi, il secondo in stagione dopo quello assegnato a Bari.
Tiro molto forte e preciso, Pigliacelli intuisce ma non ci arriva, poi la corsa liberatoria sotto la curva Catena, l’abbraccio ai tifosi e le lacrime di Alvini. Quanto deve aver sofferto quest’uomo per liberarsi in un pianto? Tutte le fatiche, i torti, il – 4 che ha rovinato la stagione, le ansie e le paure sono racchiusi in un pianto liberatorio! Sembra una storia da libro cuore e questa partita rimarrà sicuramente nella storia per come si è conclusa, con il lieto fine, per come si addice alle più belle favole. Non abbiamo perso, sarebbe stata una mezza condanna, in questo modo si riapre una flebile speranza a patto che la squadra, come scrivo da settembre, venga rinforzata.
In sala stampa alla mia domanda si cerca di glissare, più che altro per tutelare il patron, benché tutti siano consapevoli che la realtà è cocente e che la squadra necessita di rinforzi di categoria, per cui rinviare questa domanda serve a poco. Ad Alvini “sfugge” un “ha ragione”, riferendosi ai punti da totalizzare nel girone di ritorno! A ben vedere, tessute le giuste lodi alla squadra, solo nella parte finale ponevo il presidente Guarascio dinanzi alle sue responsabilità, sottintendendo che qualora dovesse, come sembra, rifiutare l’ennesima offerta è evidente che dovrà dimostrare, con i fatti, di continuare la gestione della società nella più assoluta certezza di rimettere i conti a posto ricapitalizzando (sono i suoi amministratori che nella nota integrativa dell’ultimo bilancio del 2023, scrivono di perdite di esercizio tali da creare incertezze sulla continuità aziendale della società e tali da comportare continue iniezioni di liquidità anche in futuro, anche al fine di coprire le perdite del triennio 2020-22, rateizzate con il Decreto Mille proroghe!) sostenere una campagna di riparazione degna di questo nome, ingaggiando cinque elementi di categoria per cercare di recuperare i 4 punti di penalizzazione che, di fatto, ci relegano all’ultimo posto in classifica. La responsabilità a questo punto per Guarascio è doppia, perché rifiutare un’offerta e non riuscire a salvare la squadra costituirebbe un doppio peccato mortale.
D’altro canto è inimmaginabile che una società che fa di tutto per privarsi di un contratto pesante come quello di Camporese (quotato a 250 mila euro) possa di botto piazzare cinque colpi da un totale di un milione?? Vedremo cosa accadrà. Cosa il buon Delvecchio sarà capace di portare a casa con quattro spicci.
Certo sarà più difficile buttare la croce sull’allenatore o sugli arbitri. Se da una parte è vero che ci stanno massacrando, è anche vero che la società non fa nulla o molto poco, per porre rimedio, nonostante siamo tutti consapevoli di quanto poco contino queste proteste. Allora bisogna aiutarsi da soli, costruire una società forte, benché le dimissioni di Ursino lascino pensare l’esatto contrario, che sia rispettata, capace di avere indici di liquidità migliori dell’attuale e rinforzare la squadra per conquistare punti pesanti. Da oggi in poi bisogna totalizzare 26/27 punti per potersi salvare e questa squadra ha bisogno di aiuto soprattutto in avanti (terz’ultimo attacco della categoria), a centrocampo, dove siamo numericamente scarsi, in difesa dove abbiamo perso l’unico calciatore di esperienza.
Continuare con questo andazzo non è più possibile, il presidente Guarascio e l’AD Scalise dimostrino al mondo intero le loro capacità, indiscusse di manager aziendali, un tantinello meno all’altezza quelle di manager di calcio, l’ultima boiata dell’aumento dei prezzi dei biglietti per poi fare marcia indietro dopo poche ore dalle migliaia di proteste registrate sui social sono un esempio mai registrato, nemmeno in società di terza categoria. E poi uno stadio ridotto ad un letamaio, senza servizi, la mancata iscrizione della squadra femminile, altre squadre giovanili che non si presentano alle partite, il mancato pagamento degli steward, i pignoramenti che hanno portato ai 4 punti di penalizzazione, il licenziamento di tanti professionisti del settore giovanile e lo stesso sempre in precarie condizioni, non certo il fiore all’occhiello della società.
Non si può pensare di gestire una società gloriosa come il Cosenza calcio in questo modo, mettendo il bavaglio qua e là, senza contraddittorio, ritenendo di poter fare una comunicazione “casalinga” appoggiandosi a qualche media di riferimento, avendo chiuso i rapporti con i più importanti club del tifo organizzato, per non parlare della curva che venerdì ha fatto più cori contro il patron che contro il Catanzaro.
Cara dott.ssa Scalise se c’è qualcuno che deve tutelare il BRAND del Cosenza calcio, importantissimo, questa deve essere in primis lei. I tifosi del Cosenza portano alto il vessillo rossoblù in tutta Italia, sono l’unica forza riconosciuta a livello nazionale ed internazionale, gli sponsor fanno la loro parte sostenendo le casse societarie, i giornalisti, tra mille difficoltà e una comunicazione altamente precaria, senza interlocuzione con i vertici, sostengono squadra e mister nel miglior modo possibile. Per chieder rispetto bisogna dare rispetto, alla città di Cosenza ed ai suoi tifosi. Lei deve dimostrare che non c’è alcun bisogno degli sceicchi arabi o di quanti altri, perché la società del Cosenza è forte, non solo a parole!!
Foto di Ernesto Pescatore – screenshot DAZN