Ore 15:00, il feretro di Salvatore Iaccino coperto di bandiere del Cosenza Calcio, arriva tra fumogeni, bandiere e cori, presso la Cattedrale di Cosenza Vecchia.
Un bagno di folla lo ha accompagnato e altri innumerevoli erano lì, ad attenderlo.
Inermi. Nostalgici. Colpevoli. Affranti. Distrutti e con il cuore gonfio.
Ci sono proprio tutti questa volta.
Già… perché anche chiuso in una bara, Salvatore è riuscito a far rammentare a chiunque cosa significhi essere Ultras. Tra la gente di Cosenza infatti, con una corona e uno striscione in sua memoria, ci sono persino loro: gli Ultras della Curva “Massimo Capraro” di Catanzaro, che già nella giornata di ieri avevano fatto pervenire un bonifico alla famiglia Iaccino, per contribuire alle spese del funerale del fratello Ultras volato in cielo. Un gesto questo che almeno per la scrivente, non passerà inosservato: da oggi personalmente i Catanzaresi non saranno più “chirillà”, poiché
hanno dato prova di una grande umanità che merita d’esser rispettata. Da anni, Piazza Duomo e le strade di “Cosenza Vecchia” non venivano invase da così tanti cosentini e non. Curioso e ingiusto che avvenga proprio nella giornata di una dipartita. Qualcuno
mentre prova ad asciugare una lacrima, guarda al cielo e si lascia cullare dal battito d’ali di una tortorella grigia che spiega le ali, formando cerchi concentrici e delicati.
“Eccolo Salvatore” mormora qualcuno osservandola. E forse è davvero quello il volo libero di colui che in molti chiamavano “Uccello”, ma a cui la vita
ha riservato trattamenti estremamente ingiusti. La verità in effetti, è solo una: Salvatore non è morto. E’ finalmente riuscito a spiccare il volo verso la Libertà. Perché mentre noi ci siamo arresi al conformismo e alla burocrazia, alla (sol presunta) capacità (non) effettiva di rieducazione e riabilitazione ad opera dei manicomi giudiziari, Salvatore ha semplicemente scelto di restare una cartina di tornasole umana, che con il suo candore, la sua cortesia, la sua gentilezza non ha forse commosso i cosiddetti “normali”; ma ha messo a nudo limiti e difetti di una città come Cosenza, eretica fino a qualche anno orsono, che nel tempo sembra non avere più la forza di contrastare taluni “imperativi” imposti ormai alla coscienza collettiva.
Dalle ore 15:00 circa presso la Cattedrale di Cosenza, si sono uditi rumorosissimi silenzi e applausi scroscianti misti a canti rossoblù che hanno contribuito, a rendere chiaro a tutti che la vita in realtà è un soffio.
Voglio dire…uno pensa sempre che certe persone non se ne vadano mai davvero. Che saranno sempre lì, con quella voce che rimbomba, con quei gesti esagerati, con quella stramaledetta energia che sembra non finire mai. E invece no. Se ne vanno anche loro. Chissà poi dove. Subito dopo aver lasciato la Cattedrale, Salvatore Iaccino è stato scortato dall’intero popolo rossoblù, presso lo Stadio San Vito – Gigi Marulla per compiere l’ultimo giro di boa. In quel momento c’è stato chi lo ha ricordato in un campo di calcio a Castrolibero che giocava con Eugenio Furia, Stefano Morrone e Simone Perrotta. Nelle menti di altri, sono passate mute, migliaia di immagini di “Aciaddru” in trasferta, sui treni più sgangherati, alla stazione di Paola, al Gramna, al
Rialzo e poi… in Curva Sud. Lì, dove Salvatore Iaccino veniva acclamato a gran voce e dove adesso, per i più romantici e sognatori, c’è ancora lui per un’ultima volta, che a seguito di un “Uccello vola lalalalallallà!” apre le braccia, fissa i gradoni e inizia a saltare con quella sua ilarità e sfrontatezza pura che lo ha sempre contraddistinto. Adesso però Salvatore si ferma, si volta verso la sua Curva, osserva con quei suoi occhi profondi e pieni di verità disincantate e mai taciute, i suoi fratelli e compagni Ultras. Sorride a
tutti. Lo fa con sconcertante bellezza, ma questa volta anche con una consapevolezza che lacera i cuori di chiunque lo guarda. Questa volta Uccello non risalirà i gradoni della Curva Sud. Non salterà di nuovo. Non lo farà mai più. Perché adesso Salvatore è libero. Libero di spiccare forse, il suo volo più importante che lo porterà nella Valle dei Re dove Bergamini, Catena e Marulla, insieme a Piero Romeo e a tutti quelli andati via prematuramente, sono pronti ad abbracciarlo e a dargli il benvenuto.
Cosa resta dunque a noi che inermi restiamo quaggiù? Un dolore crudo. Un dolore senza lacrime. Fatto di singhiozzi soffocati. E se qualcuno domani si chiederà chi fosse questo tale Salvatore Iaccino conosciuto dai più come “Uccello”, potremmo magari fargli leggere la sua raccolta di poesie “Stellose Creazioni”, nella quale ha saputo dar voce ai sentimenti più autentici, dimostrando che il cuore di un Ultras può battere forte anche per l’arte e la bellezza. Sì, perché Salvatore era molto più di un uomo comune: lui era un uomo Libero. Tutti abbiamo consapevolezza che adesso Salvatore sta meglio. Tutti abbiamo la certezza che ha smesso di soffrire.
Buon volo, Salvatore. Mentre il cielo guadagna una stella, la terra perde uno dei suoi figli più autentici.