Per conoscere caratteristiche dei calciatori e del modulo applicato da Caserta
Molti, a ragione, dicono che bisogna essere allenatori per poter scrivere di calcio, aver frequentato corsi, studiato teorie e concetti, ma poi gli stessi ne parlano e ne scrivono, magari invitando gli altri a non farlo in base ad una loro presunta, ma molto presunta, preparazione in merito. E quando dico tutti non mi riferisco certo ai tifosi che di diritto possono parlarne senza per altro avere la presunzione di scrivere trattati scientifici.
Il più delle volte chi censura gli altri pensa di saper scrivere di calcio riferendosi magari alle condizioni climatiche di una partita, a condizionamenti psicologici, manco fossero a loro volta psicologi, c’è chi tira fuori riferimenti sociologici senza aver letto mai un rigo di Weber o Dal Lago, chi si limita a prendere in considerazione la dea bendata o chi sottolinea il singolo errore del calciatore. C’è infine chi ritiene di poter esprimere un giudizio più valido degli altri perché ha giocato a calcio, per poi scoprire che ha giocato nel cortile sotto casa. Insomma solo aria fritta per darsi un tono e poter censurare gli altri. Tutti concetti astratti, difficilmente opinabili, sempre sostenuti dai risultati, in base all’equazione: “se hai vinto sei un campione, se hai perso sei un brocco”.
La cosa più bella del calcio invece è poterne discutere insieme, confrontarsi, pensarsi allenatore per poter schierare la propria formazione ideale, immaginarsi seduto su quella panchina per poter effettuare un cambio piuttosto che un altro. Chi non lo fa? E chi sostiene il contrario mente spudoratamente. D’altronde il calcio è nato per questo, praticato nelle società moderne, come contromisura alle tensioni che esse stesse generano. Attività ricreativa in cui le forme di eccitamento sono lasciate libere di sfogarsi per colmare le restrizioni imposte nella parte ”seria” della vita.
Allora lasciamo che ognuno esprima la propria opinione, ovviamente in modo educato e senza offese, nel profondo rispetto della cultura del confronto tra opinioni diverse e magari studiamo e leggiamo che non fa mai male, in nessun “campo”. A tal proposito vi consiglio la lettura della tesi di Mario Somma sul “suo” 4-2-3-1, allenatore anche ex del Cosenza che è stato uno dei primi ad applicare il modulo scelto anche da Fabio Caserta. Vi invito a soffermarvi su alcuni concetti:
- Ritengo che lo studio sull’avversario di turno sia importante, in tutte le sue forme: aspetto tecnico, tattico, fisico, psicologico, ambientale, mediatico…E’ fondamentale per quello che voglio trasferire ai miei giocatori, per dare a loro compiti e mansioni più funzionali. E’ impensabile pensare solo a se stessi, perché si gioca in due; perciò questo monitoraggio è fondamentale e nel futuro sarà ancor più articolato;
- Per questo motivo, non penso ad un possesso palla prolungato. L’obiettivo è andare con poche mosse alla conclusione;
- Nel 4-2-3-1 questi giocatori stanno entrambi larghi sulla linea laterale: ciò significa che la squadra avversaria si comporta di conseguenza e quindi diventa come una coperta corta: o si allarga e lascia spazi centrali, o si stringe e lascia la parte opposta libera.
Per leggere il testo cliccare sul seguente lik Mario Somma il 4231
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